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Star Wars: Gli Ultimi Jedi

Star Wars: Gli Ultimi Jedi

"Ho sentito come una perturbazione nella Forza.."

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Vecchio e nuovo, bianco e nero, luce e ombra, bene e male. E in mezzo la Forza, che ha in sé quel potere straordinario nell'offrire un equilibrio, nel ripristinare un ordine tra cose che, per natura, si scontrano, si urtano e vivono tra loro in una tensione costante. Da capitolo centrale della trilogia, Star Wars: Gli Ultimi Jedi è la quintessenza della Forza intesa come equilibrio, un episodio che mira a farsi da trait d'union non solo tra Il Risveglio della Forza ed Episodio IX (ancora senza titolo), ma soprattutto tra ciò che i fan di Star Wars hanno amato fino ad oggi e ciò che verrà. È posto al centro, in una tensione costante tra due elementi che tentano in tutti i modi di entrare in contrasto, negarsi e annullarsi a vicenda, con la volontà di portare armonia tra due mondi che, per loro natura, saranno sempre in eterno conflitto.

Il dualismo intrinseco che caratterizza la nuova pellicola diretta da Rian Johnson - che si ritrova in tutto, dai personaggi alle ambientazioni, dai toni alla fotografia - è probabilmente uno dei suoi punti di forza più importanti; eppure, non va in alcun modo intesa come una facile chiave di lettura di tutto il film, quanto invece come un'intrigante metafora della saga in sé e per sé. Se è vero che Episodio VII è stato tanto amato/odiato (toh, un altro dualismo) dai fan di lunga data per svariate ragioni, è principalmente perché la pellicola di J.J. Abrams ha giocato in una precisa safe zone, a metà tra il rispetto reverenziale per ciò che la trilogia originale di Star Wars ha rappresentato per la storia del cinema (e per il suo pubblico) e la paura di osare troppo, uscire dagli schemi e dai canoni pre-costituiti di questa saga. Il Risveglio della Forza era indubbiamente puro fanservice, con la volontà di instillare sicurezza, rassicurare i fan che questa volta sarebbe andato tutto bene (Jar Jar Binks è stato solo un brutto sogno, tranquilli) perché Abrams avrebbe scritto e diretto la pellicola esattamente come loro si sarebbero aspettati. Con tutti i pro e i contro del caso, ovviamente.

Star Wars: Gli Ultimi Jedi
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Nel caso di Gli Ultimi Jedi la situazione era tutta da giocare, una questione di scommesse: continuare sul percorso sicuro costruito da J.J. Abrams o provare, finalmente, a dare una scossa, tentare di perturbare la Forza? Johnson ha così osato, confezionando forse uno dei capitoli più controversi, imperfetti ma al tempo stesso coraggiosi di tutto il franchise, giocando su equilibri fragilissimi e pronti a crollare sotto i piedi in un secondo, ma restituendo forse uno dei prodotti più carismatici e innovativi della serie cinematografica ideata da George Lucas ad oggi. Secondo solo a Rouge One, ma questo è un parere puramente personale.

Ciò che affascina di Gli Ultimi Jedi è il suo riuscire ad amalgamare aspetti tra loro in contrasto, offrendo un prodotto torbido, indefinito, impalpabile. È un film cupo, che tende trappole allo spettatore continuamente, inganna il suo occhio e la sua abilità - soprattutto se fan di vecchia data di Star Wars - di prevedere qualsiasi mossa all'interno di un universo che mastica da anni. L'imprevedibile è ciò su cui si fonda davvero la pellicola di Johnson, ed è anche il reale motore di un film che, nonostante il suo sensazionale coraggio di voler scuotere dall'interno qualcosa di oramai assodato e sicuro, nasconde tra le sue pieghe molti difetti. In primo luogo, c'è una quasi totale assenza di uno sviluppo dei personaggi principali, a cui tuttavia si astiene (e molto bene) Kylo Ren, interpretato da un sempre più straordinario Adam Driver.

Ben Solo/Kylo Ren è la sintesi perfetta del conflitto - il suo nome stesso da villain sembra un tentativo infantile di storpiatura del suo nome reale, Ben/Ren e Solo/Kylo, come a volersi lasciare alle spalle un passato che non gli appartiene più - che è ben lontano da quello stesso turbamento che aveva accompagnato suo nonno, Anakin Skywalker/Darth Vader. Il suo sguardo imperturbabile rende assolutamente impossibile riuscire ad interpretare cosa nasconda al suo interno, molto spesso operazione resa ancora più complessa dalle sue azioni, ancora una volta imprevedibili. Il ragazzino emo che abbiamo visto urlare e distruggere stanze della Starkiller in preda ad un attacco isterico ha lasciato spazio ad un uomo indecifrabile, enigmatico, straordinariamente complesso che inquieta molto di più dello stesso Vader.

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Lo stesso non può dirsi di Rey (Daisy Ridley), decisamente sottotono e molto meno strutturata rispetto a Il Risveglio della Forza, che qui quasi scompare, schiacciata tra due pesi massimi come Kylo Ren e Luke Skywalker (Mark Hamill) e di cui, purtroppo, non si percepisce alcuna reale evoluzione rispetto all'episodio precedente. Forse il motivo è da rintracciare nell'eccellente costruzione del suo personaggio a cui abbiamo assistito in Star Wars VII, di cui era indubbiamente l'unica vera protagonista, sostenuta anche da personaggi comprimari altrettanto ottimi quali Finn e Poe Dameron (rispettivamente John Boyega e Oscar Isaac), anch'essi molto più diluiti e poco incisivi in questo ottavo capitolo. Anzi, oseremmo dire che forse personaggi molto più che secondari - come DJ, interpretato da Benicio del Toro - hanno senza dubbio più carisma e lasciano senza dubbio un maggiore impatto rispetto ai due ribelli.

Un altro aspetto che non abbiano in alcun modo gradito sono alcuni dialoghi assolutamente posticci e vuoti - specialmente nelle sequenze a loro modo più leggere, volte a stemperare i toni eccessivamente drammatici e soffocanti di alcuni momenti del film - che hanno sgonfiato qualsiasi entusiasmo, risultando addirittura fastidiose o spiazzanti. Battute non richieste - il cui fastidio è probabilmente amplificato da un adattamento non sempre brillante - o anche elementi secondari come i simil-criceti che vivono sull'isola di Luke Skywalker (volti a strizzare un occhio al pubblico più giovane, probabilmente) smorzano in modo significativo l'atmosfera, riportandoci alla memoria momenti della seconda trilogia che forse avremmo voluto dimenticare.

Star Wars: Gli Ultimi Jedi è probabilmente una delle pellicole della saga più difficili da interpretare. Volutamente uno spartiacque tra il passato e quello che verrà, con la volontà di tendere finalmente ad un equilibrio senza necessariamente ricorrere al fanservice, il film di Rian Johnson è encomiabile principalmente per aver tentato di intraprendere una direzione diversa, imprevedibile - come abbiamo più volte ribadito qui - provando a dare una visione alternativa di un universo i cui canoni sono oramai scolpiti nella pietra. Non sempre perfetto, ma anzi con più di un difetto importante, questo ottavo capitolo ha comunque il merito di aver preso il coraggio a due mani e rischiare, uscire da quella safe zone attorno cui Abrams aveva costruito il suo episodio precedente, un'operazione sempre più rara di questi tempi, narrativamente e registicamente parlando. Forse non è il più straordinario e il più perfetto dei capitoli della saga, eppure, con tutte le sue imperfezioni, Gli Ultimi Jedi lo ha fatto. Starà al pubblico decidere se è stata una mossa positiva o negativa.

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08 Gamereactor Italia
8 / 10
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