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The Last of Us: Parte 2

The Last of Us: Parte 2

Naughty Dog torna con un gioco denso di tematiche sociali, politiche, umane - che si conferma un nuovo straordinario capolavoro.

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È terapeutico restare a fissare lo schermo della TV, in attesa che i titoli di coda si consumino e ti riportino per mano al mondo reale. Ha qualcosa di catartico, necessario, soprattutto quando l'esperienza che hai appena concluso si chiama The Last of Us: Parte 2. Gli occhi bruciano, lo stomaco si stringe e la mente si perde dietro ad una serie infinita di pensieri, riflessioni, sensazioni che è difficile raccontare con lo stesso trasporto emotivo di quando qualcosa del genere viene vissuta in prima persona, ti penetra nella pelle e assume una forma dentro di te. La nuova opera di Naughty Dog è esattamente questo: è un'esperienza molto personale, che lascia in ciascuno di noi emozioni molto diverse, talvolta persino contrastanti. Rabbia, angoscia, paura, misericordia, sollievo, disillusione. Si proveranno tutte, o forse in parte, ma è facile immaginare quanto questo secondo capitolo possa essere divisivo per la community. Non solo per i temi - forti, fortissimi - che questa parte seconda porta con sé, ma anche per determinate scelte narrative che i Naughty Dog hanno osato qui.

E non è semplice capire nell'immediato perché abbiano optato per alcuni snodi, quanto meno non nell'attimo in cui stringi il controller tra le mani e vivi questa esperienza. Forse perché è l'istinto a prendere inevitabilmente il sopravvento, oppure perché siamo sempre più abituati a guardare le cose da un solo e unico punto di vista (il nostro), per via di quella stupida, maledetta arroganza che è oramai parte integrante della nostra quotidianità. Già, perché nonostante The Last of Us: Parte 2 sia un gioco ambientato in un futuro prossimo e post-apocalittico, è più moderno e contemporaneo di quanto si creda.

Racconta molto di come siamo oggi, senza mezzi termini, e talvolta con una brutalità e una lucidità da risultare disarmante. Il mondo, i personaggi, le vicissitudini raccontati qui riflettono con forza le dinamiche umane che viviamo nel quotidiano, alternando momenti di pura spensieratezza a istanti di violenza profonda. Il sequel di The Last of Us si muove costantemente in equilibrio tra questi due poli opposti, mettendo il giocatore al centro, non tanto come fautore e artefice del proprio destino - nonostante la profonda libertà insita nel gioco, di cui parleremo tra poco - ma come spettatore accecato dalle proprie emozioni, incapace di tessere le fila della propria vita. In questo senso, ritroviamo molto del teatro greco del V secolo a.C. in questo titolo, nonostante The Last of Us: Parte 2 sia un'opera profondamente americana e attuale, intessuta e impregnata delle sue lotte intestine e delle sue tante contraddizioni. Un gioco che, lo ripetiamo, provocherà un'inevitabile spaccatura nella community di giocatori, più di qualsiasi altro titolo pubblicato di recente. Ma non è forse questo ciò che rende un videogioco un'opera degna di nota?

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Come promesso a più riprese anche nella nostra anteprima, non sveleremo nulla della trama di The Last of Us: Parte 2. Daremo solo un fugace contesto, che è lo stesso che i Naughty Dog hanno lasciato trasparire nei numerosi trailer che hanno pubblicato in questi anni dopo l'annuncio ufficiale. Ci troviamo a qualche anno di distanza dagli eventi raccontati in The Last of Us: siamo a Jackson, una vivace comunità nel Wyoming, dove risiedono diversi sopravvissuti che hanno provato a ricostruire una sorta di normalità. Non mancano i pattugliamenti nei dintorni per contrastare gli infetti che ancora popolano il mondo circostante, ma se l'universo di The Last of Us sembrava più cupo, in questa parte seconda c'è un barlume di speranza in più. Ma un evento dirompente interrompe questo idillio, che è anche ciò che spinge Ellie a compiere un viaggio. Un lungo viaggio punteggiato e inasprito da sentimenti oscuri, che la portano fino a Seattle, una città che, nonostante la sua decadenza, mantiene ancora il suo fascino inevitabile.

Ed è qui, nel cuore nevralgico di questa città in rovina divorata dalla natura - un tempo patria del grunge e del futuristico Space Needle - che iniziamo a prendere confidenza con il nuovo sistema di gameplay di The Last of Us: Parte 2. Se all'inizio la sensazione è che il gioco non si prenda molte libertà creative rispetto al suo predecessore, riducendosi a riproporre qualcosa di simile al primo titolo, è proprio avanzando nell'esperienza che cominciamo a cogliere le prime, vistose differenze. Questo è dovuto a diverse ragioni: in primo luogo, alla grande libertà di movimento e di esplorazione che il nuovo gioco dei Naughty Dog introduce qui. Se il titolo del 2013 appariva più imbrigliato e lineare, Parte 2 sfrutta molto il design dell'ambiente per concedere al giocatore maggiore autonomia, soprattutto in termini di movimento. In particolare a Seattle, dove ci sono molto edifici da scalare e in cui è possibile sfruttare appieno la verticalità della sua architettura.

Questo è possibile anche grazie al fatto che Ellie, rispetto a Joel nel primo gioco, è decisamente più agile e può sfruttare la sua prestanza fisica per muoversi con maggiore rapidità, nonostante sia decisamente più fragile e infligga meno danni nel combattimento ravvicinato. Con Ellie è più facile correre, scivolare e strisciare, spingendo il giocatore a prediligere un approccio decisamente più stealth e meno aggressivo rispetto a quello di Joel. Sfruttare le coperture o l'erba alta - combinato ad una migliorata capacità di ascolto, che permette ad Ellie di percepire meglio dove sono collocati i nemici, umani e no - diventa una tattica imprescindibile per riuscire a sopravvivere al brutale mondo esterno, soprattutto perché le munizioni scarseggiano e talvolta i nemici sono davvero tanti per optare per uno stile di gioco più "rumoroso".

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Questo aspetto si riflette anche nel tipo di equipaggiamento in dotazione alla giovane protagonista, che sfrutta principalmente armi leggere, ad eccezione di un paio di utili fucili decisamente più devastanti, e le trappole. Torna dal primo gioco il sistema di crafting, che permette di migliorare le armi in nostro possesso grazie ai tavoli da lavoro che troviamo disseminati nei vari edifici e case. Rispetto a The Last of Us, questo sistema appare molto più "realistico" e autentico, in quanto permette di potenziare l'equipaggiamento in modo coerente e sensato, anche in base alla tipologia di arma a nostra disposizione. Le modifiche che apportiamo all'equipaggiamento sono visibili non solo da un punto di vista estetico, ma anche nell'uso che ne facciamo, soprattutto se questo si combina alle varie abilità con cui possiamo personalizzare il personaggio.

Grazie alle pillole che troviamo nei vari armadietti nei bagni distrutti di case e complessi, possiamo infatti sbloccare diversi alberi delle abilità che consentono ad Ellie di acquisire nuove capacità. Che si tratti di salute aumentata, un passo più felpato da sfruttare nelle fasi stealth o una maggiore stabilità, è possibile perfezionare la nostra giovane eroina anche in base al nostro stile di gioco preferito, tramite i manuali che a poco a poco si trovano nel mondo di gioco. E qui arriviamo ad un altro elemento molto importante di The Last of Us: Parte 2, che era meno presente nel primo gioco: i collezionabili. Oltre alle carte con i supereroi che Ellie raccoglie (lo ricordate? Era una grande appassionata di fumetti nel primo gioco), è possibile anche trovare molte note o missive che offrono un contesto narrativo più ampio rispetto a quello che ci viene raccontato attraverso il gameplay. Questo elemento contribuisce a conferire un lato umano ad uno scenario post-apocalittico che ha ben poco dell'uomo, ma anche di raccontarci i trascorsi di chi ha provato a resistere e combattere in questo universo, talvolta senza riuscirci.

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C'è un'altra grande novità che i Naughty Dog hanno introdotto in questo nuovo capitolo e riguarda i nemici. Oltre alle diverse tipologie di infetti, tra cui alcuni anche inediti - che continuano a costituire una parte importante nei combattimenti nonché ostacoli alla nostra avanzata - Ellie è costretta ad imbattersi anche in avversari umani, che talvolta sono molto più pericolosi e imprevedibili dei non morti. I nemici umani, che siano Lupi o Serafiti, sono decisamente più intelligenti e letali, ma questo anche per compensare il nuovo comparto di abilità che Ellie possiede, per rendere il gioco in un certo senso più equilibrato. Nonostante la ragazza possa nascondersi nell'erba alta, ad esempio, se un nemico si avvicina, può comunque notarla e richiamare l'attenzione di altri soldati che inizieranno a darle la caccia. Detto questo, il gioco non è mai frustrante o ingiusto - a parte alcune sezioni in cui un paio di nemici erano inutili spugne per proiettili, ma è perdonabile - ma ti spinge sempre a riflettere su quale approccio adottare, lasciando massima libertà al giocatore in questo senso, anche sfruttando l'ambiente circostante.

Uno degli aspetti in cui The Last of Us: Parte 2 realmente brilla è il suo comparto visivo. Nonostante ci si avvii verso il viale del tramonto di PlayStation 4, l'opera dei Naughty Dog è più potente e sbalorditiva che mai da un punto di vista grafico. L'eccezionalità con cui vengono tratteggiati anche i più piccoli dettagli di un luogo, come poster o gli interni di una casa, fino alle meravigliose animazioni facciali dei personaggi (e non stiamo parlando delle cutscene, ovviamente) lascia a bocca aperta scenario dopo scenario. E non c'è mai un luogo identico all'altro, non ci sono asset riciclati - quanto meno, non abbiamo mai avuto questa sensazione. Ogni luogo racconta una sua storia, ha una sua identità e mostra il grande impegno che Naughty Dog ha riposto in questo progetto così ambizioso e rischioso, se vogliamo, soprattutto in vista di un primo gioco così amato e osannato da pubblico e critica.

Ma c'è un elemento che, sopra ogni cosa, abbiamo amato: l'uso sapiente dell'illuminazione. Oltre allo splendido effetto offerto dai raggi del sole che filtrano tra gli alberi dei boschi o dalle tende consunte di una finestra, paradossalmente, ciò che abbiamo amato è un utilizzo squisito dell'oscurità. Il buio è realmente buio, e infonde un grande senso di realismo, di angoscia e fragilità soprattutto quando ci troviamo ad esplorare zone sotterranee muniti solo di una piccola torcia e i nemici potrebbero essere in agguato ovunque. Allo stesso modo, abbiamo amato il reparto sonoro, dai versi degli infetti al fruscio del vento, fino alla colonna sonora, ancora una volta composta da Gustavo Santaolalla, che tuttavia risulta meno invasiva rispetto al primo gioco. Punteggia le sequenze più forti e più empatiche senza mai soverchiare il momento, ma compartecipando al crescendo emotivo nel modo giusto.

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C'è un momento in cui provi una sensazione davvero inebriante, quando pensi che The Last of Us: Parte 2 sia un gioco praticamente perfetto, senza sbavature, il degno erede di un primo gioco altrettanto sensazionale. Ed è proprio in quell'istante, in quel preciso istante, che Naughty Dog compie una scelta inaspettata, che ci ha inevitabilmente portato a mettere in discussione i nostri sentimenti a caldo. Non andremo nei dettagli in alcun modo perché è giusto che tu compia questa esperienza con i tuoi tempi, con il cuore aperto a tutto, proprio come è accaduto a noi nel primo playthrough del gioco che ci ha portato a scrivere questa recensione. Nonostante siamo perfettamente consapevoli dei motivi per cui abbiano deciso di intraprendere una determinata direzione - una mossa che abbiamo apprezzato molto nei fatti, in realtà, in quanto si rivela molto affascinante e pienamente coerente con i temi insiti nel gioco - non abbiamo goduto appieno della sua resa. Non è efficace quanto avrebbe potuto essere e questo ci ha sicuramente allontanato un po' dalle nostre certezze, fino ad allora incrollabili, sulla tenuta ineccepibile del gioco. Sarebbe tuttavia ingiusto dire che questo elemento comprometta in modo decisivo il nostro giudizio sull'esperienza - almeno, non è il nostro caso - ma non possiamo negare una certa sorpresa da parte nostra su come, a nostro parere, lo studio non ci abbia lavorato con lo stesso amore che ha riposto in tutto il resto.

Sin da quando è stato mostrato il primo gameplay, si è molto dibattuto su quanto The Last of Us: Parte 2 fosse violento e disumano. Nelle immagini, nel linguaggio, nella sua esasperata mostrazione di sangue e atti rasente l'osceno. E più di una volta, dobbiamo ammetterlo, abbiamo chiuso gli occhi, abbiamo provato orrore, ci siamo sentiti sporchi mentre giocavamo. Abbiamo provato disgusto per quanto stavamo vedendo, ma soprattutto per quanto stavamo facendo. Ed è lì, in quel momento, che abbiamo colto la grandezza di The Last of Us e dei suoi autori, che non hanno scelto di usare la brutalità e una violenza così pornografica per piacere; al contrario, il loro obiettivo era proprio quello di farci provare orrore. Orrore di cosa gli esseri umani, talvolta spinti dalla paura o da un mero istinto di sopravvivenza, sono spinti a fare. O perché, forse, sono solo dei maledetti sadici. La violenza che vediamo nel gioco è pienamente contestualizzata e mai fine a se stessa. Non si prova appagamento ad ogni colpo inflitto; no, la sensazione che maggiormente si prova è un forte senso di vergogna.

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In questo, The Last of Us: Parte 2 mostra il suo lato più inedito, rivelandosi un'esperienza tutt'altro che scontata e ordinaria. Anche nei temi che racconta, soprattutto nel modo in cui li affronta, il nuovo gioco dei Naughty Dog mette spesso in discussione il nostro operato, ci spinge a porci molte domande, prova a renderci più consci. E magari meno accecati dall'ira, dalla rabbia e da quel senso di onnipotenza che molto spesso ci portano a commettere errori, ad incespicare nella nostra fragilità in quanto esseri umani e a renderci così miserabilmente deboli.

Più che una storia di vendetta, The Last of Us: Parte 2 è un racconto sul perdono, un atto di profonda umanità che spesso dimentichiamo perché è più facile cedere alle lusinghe di un desiderio di rivalsa. In un mondo in cui l'essere umano sembra essere l'intruso a fronte di una natura che, a poco a poco, si è ripresa i suoi spazi e ha ristabilito un nuovo equilibrio, viene più volte messa in discussione la sua presenza al centro dell'universo. L'unico modo per riconquistarci quello spazio - anche solo per non essere considerati il "virus" mortale di questo universo - è provare a riflettere su cosa ci possa rendere migliori, cosa possiamo fare di realmente importante per uscire da questo tragico impasse. Ed è così che diventa vitale imparare a perdonare gli altri e se stessi. Perché nessuno è infallibile e nessuno può farcela davvero da solo. E se un gioco è capace di una riflessione così potente e contemporanea, vuol dire che, in fin dei conti, è un capolavoro. Anche al netto dei suoi errori.

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09 Gamereactor Italia
9 / 10
+
Una storia intensa e straordinaria; Grafica eccellente; Ottima la narrativa emergente; Interessanti le novità in termini di gameplay; Colonna sonora perfetta.
-
Alcune scelte narrative attuate da Naughty Dog, che spezzano molto il ritmo e non sono allo stesso livello qualitativo del resto.
overall score
Questo è il voto del nostro network. E il tuo qual è? Il voto del network è la media dei voti di tutti i Paesi

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